18/06/1928. Tromsø, Norvegia
Oltre il circolo polare artico, in quel labirinto di fiordi e arcipelaghi in cui la Norvegia si mischia all’Atlantico, la città di Tromsø era conosciuta a pochi in quel lontano 1928.
Tuttavia, nella tarda primavera di quell’anno, un gran via vai di idrovolanti e piroscafi animava il molo della città.
Tromsø, Norvegia
In quelle regioni della Scandinavia, le condizioni climatiche erano severe e per di più mutevoli. Il tempo, infatti, cambiava repentinamente e di solito volgeva al peggio. La cosa, a quel tempo, non era una novità e le previsioni meteorologiche stavano muovendo i primi passi.
Eppure, quel lunedì di metà giugno si era rivelato sorprendentemente piacevole: la temperatura era mite, il cielo sgombro da nubi e le acque tranquille. A prima vista erano le condizioni ideali per intraprendere un volo in aereo, anche se si era diretti ancora più a nord di quanto non fosse già la città di Tromsø.
A nord della contea del Finnmark rimane ben poca terra ferma. E quelle poche rocce che affiorano dal Mare di Barents sono sempre meno ospitali. Tra Capo Nord e l’Artide si frappone uno sparuto gruppo di isole arcigne in acque turbolente: le Svalbard.
Ecco. Quella era la meta di tutti quegli uomini che affollavano il molo della città.
«Ma se Amundsen era davvero triste, aveva tutte le ragioni per esserlo. Probabilmente sapeva che era la sua ultima volta alla guida di una spedizione polare. Il giorno prima era stato il 25° anniversario della partenza da Oslo della spedizione Gjoa, dopo la quale aveva perseguito e raggiunto tutti i suoi obiettivi: primo ad attraversare il passaggio a nordovest, primo al Polo Sud, primo ad attraversare il passaggio a nordest, primo a sorvolare l’Artico e primo anche al Polo Nord.»
Monica Kristensen
Umberto Nobile e Roald Amundsen
Quanto stava avvenendo in quei giorni era qualcosa di mai visto prima. Centinaia di uomini e mezzi erano impegnati nella più grande spedizione di soccorso – in una regione polare – mai organizzata prima di allora. “In tutto partecipavano all’operazione più di 1500 persone (tra cui quattro donne, due americane e due russe), 23 aerei, 20 navi, 2 slitte e diverse pattuglie di sciatori con gli alpini italiani. Il lavoro più importante, però, fu svolto dalle oltre 200 imbarcazioni, tra pescherecci, mercantili e barche da diporto che frequentavano le acque delle Svalbard”.
Là, tra quei ghiacci, una manciata di uomini attendeva di essere tratta in salvo. Erano Umberto Nobile e l’equipaggio del dirigibile Italia.
Tuttavia quel pomeriggio, l’attenzione della folla che si era radunata presso il molo di Tromsø era tutta per Roald Amundsen. Per tutti era l’eroe norvegese dei Poli.
Lo spiraglio di bel tempo non poteva durare per molto. Per questa ragione la preparazione del Latham 47-II, un idrovolante di produzione francese modificato per la missione polare, procedeva spedita. Quando tutto fu pronto i quattro ufficiali della marina francese salirono a bordo, il norvegese Dietrichson si mise alla guida del velivolo e, per ultimo, si imbarcò Amundsen.
Accesi i motori, partirono.
Il libro, la copertina e il formato
L’ultimo viaggio di Amundsen è un libro documentario, scritto da Monica Kristensen ed edito da Iperborea Editore, frutto di un accurato lavoro di ricerca e di scrittura. Nel racconto di quei giorni si rivivono le scelte sofferte e gli sforzi di quegli uomini intenti a portare in salvo quante più vite possibili.
Si intravvede la scena geopolitica di quegli anni: grandi e piccole potenze che cooperano e primeggiano l’una sull’altra per dimostrare la propria superiorità agli occhi del mondo. Quelle gelide acque erano il campo di prova di quanto sarebbe accaduto in seguito.
Se la decisione di acquistare e leggere il libro dipende molto dal titolo e dal fascino del nord Europa, devo riconoscere che il formato e la copertina sono stati decisivi.
Complimenti a Iperborea Editore e a Juta Studio per le scelte compositive e l’illustrazione.
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